Il 14 novembre è morto nella sua Lucca Andrea Pacini. Aveva 56 anni. È stato un architetto, un musicista di talento e un docente di grande successo.
Era un caro amico de La Casa Usher e ha dato un eccezionale contributo alle nostre attività nella ideazione e realizzazione di manuali di Arte e Immagine destinati alla scuola media.
Come docente proponeva un progetto di didattica originale, perciò come autore di manuali scolastici non si limitava certo a proporre uno schedario di nozioni da consultare al bisogno ma traduceva su carta una proposta didattica che nasceva da una lunga e appassionata ricerca da svolgere in un percorso triennale. Questo avviene soltanto quando l’autore di un manuale scolastico è prima di tutto un grande insegnante.
Il 17 novembre una grande quantità di donne e di uomini di tutte le età ha salutato Andrea.
Abbiamo chiesto al professor Andrea Bachini di permetterci di pubblicare nel nostro sito il suo ricordo-ritratto di Andrea Pacini pronunciato in quella circostanza.
Il professor Bachini, che per molti anni è stato un brillante redattore de La Casa Usher, ci ha autorizzato e lo ringraziamo di cuore.
VG
Il saluto ad Andrea
Lo abbiamo sempre pensato di avere avuto il privilegio di trovarci accanto, da colleghi, una persona speciale. Siamo stati felici e orgogliosi, rassicurati dalla presenza di Andrea e dalla sua competenza, che dispensava con la modestia dei grandi, con la premura e il sorriso. Per chiunque si sia trovato a lavorare in quegli spazi che per tanti anni sono stati i suoi, Andrea è stato il punto luminoso, riconosciuto, stimato, amato. Per alcuni poi, molto presto, è diventato un amico carissimo, e quale fortuna è stata sentire la sua vicinanza e assaporare l’affetto con cui ci corrispondeva, con cui sapeva accompagnare i passaggi delle nostre vite e trovare i gesti e le parole per lenire quelli più dolorosi, quando e per chi si sono manifestati.
Ecco allora che vorremmo qui ricordare Andrea a nome della scuola dove lui ha insegnato per 17 anni, la scuola di Montecarlo.
Andrea, uomo di città, per dirla con Paolo Dal Canto, “era salito sulla collina per costruire giorno dopo giorno un senso alla sua vita”. E, insieme alla sua, anche a quello della scuola dove si era trovato a lavorare. Dove fin da subito era rimasto incuriosito ed anche un po’ colpito da quello che lui chiamava “il gruppetto”, del quale erano parte attiva e operante anche Paolo Dal Canto, appunto, e Ugo Pera, che non ci sono più. E vogliamo pronunciarne i nomi insieme a quello di Andrea perché ci conforta, oggi, accomunarli nel calore di quella solida amicizia che li legava e che ci riporta ai tempi lieti del nostro stare insieme
Un gruppo affiatato di amici, una combriccola come la definiva, un gruppo di mattatori coi quali – diceva – «anche e soprattutto durante i consigli di classe si rideva, ci si raccontava storie, si ripercorrevano aneddoti e situazioni, ma anche era possibile parlare di politica, scuola, cinema, arte, musica, ciclismo». Ma lui il ciclismo non l’amava, anzi, Andrea non amava lo sport in generale, e in quelle situazioni spesso ripeteva l’episodio del “salto della cavallina”, di quando, dovendo saltare oltre la schiena del proprio insegnante di ginnastica, gli era invece franato addosso. Perché Andrea era così: aveva questa capacità di ridere di se stesso, di non prendersi troppo sul serio, come possono permettersi solo coloro che hanno talento e intelligenza.In quel gruppo in cui si tessevano relazioni umane solide capaci di durare una vita, intanto prendevano vita idee, progetti, attività: il teatro, la lettura, il cinema, i tornei sportivi, l’annuario, la biblioteca, le lezioni su Pinocchio, l’olio e il vino fatto a scuola, l’informatica e la robotica quando ancora non erano di moda, i concorsi nazionali frequentemente vinti. In quel modo di fare scuola Andrea si trovava a suo agio.
E in quella scuola, in quel tessuto di relazioni umane, la sua creatività trovava modo di esprimersi e di esaltarsi.
Due cose su tutte: l’albero di natale e l’annuario.
A quest’ora, tra ottobre e dicembre, l’aula che lui abitava si colorava di carta appallottolata, di bottiglie rotte, di lattine, di cartoni, di tappini di plastica, e poi di fili da tutte le parti, che avrebbero poi assunto, come per miracolo una settimana prima di natale, la forma di un gigantesco albero colorato, una vera e propria installazione artistica. Così bello che a ridosso degli scrutini di giugno era ancora lì. E in quel frenetico agitarsi di ragazzini sporchi di tinta trovava espressione il suo amore a tutto tondo per l’arte – della quale la musica, con le sue amate percussioni, era l’altro emisfero – e i ragazzi gli riconoscevano la capacità di trasmettere loro una autentica passione, e così gli volevano bene, e molti di loro sceglievano di fare del proprio talento artistico una disciplina da coltivare anche alla scuola superiore.
Una passione, quella di Andrea per l’arte, che anche i colleghi sapevano apprezzare. Andare in gita con lui era un piacere molto ambito, oltre che una garanzia: Trieste, Torino, Milano, Roma o Napoli non avevano segreti per lui. E l’uscita tradizionale a Firenze nel mese di maggio era uno degli appuntamenti più attesi: in una giornata Andrea portava le classi terze (e i fortunati docenti accompagnatori) a vedere le opere più importanti dei principali musei della città. Così il David di Michelangelo alla Galleria dell’Accademia; quello di Donatello al Bargello; il Tondo Doni agli Uffizi o le tombe dei Medici a San Lorenzo. Una passeggiata attraverso il Rinascimento che catturava l’attenzione anche dei ragazzi più restii, quelli che a condizioni normali aspettavano soltanto l’ora di andare al MacDonald in via Cavour.
E poi l’annuario, che racconta tutte le attività di tutto l’Istituto. A Montecarlo era stata a suo tempo introdotta l’idea di realizzarne uno, come si fa in America, e quando è arrivato il suo turno di metterci le mani, Andrea, che tra le tante competenze che aveva messo a servizio della nostra scuola, era anche un grafico, si è impegnato anno dopo anno per dare una confezione professionale all’insieme di testi e fotografie ed esperienze che documentavano la vita scolastica, coinvolgendo alunni e docenti in una realizzazione grafica che è diventata orgoglio della comunità, che solo a lui deve compiutezza e durata nel tempo. Perché elevate e solide erano le sue competenze, che aveva saputo trasferire anche in campo editoriale: forse pochi sanno che su alcuni testi di arte che circolano per le scuole di italiane c’è il nome di Andrea Pacini.
Uomo pratico anche, non era difficile vederlo arrampicato su una scala a piantare qualche chiodo, issare un cartello, fissare un pannello. Perché Andrea amava la propria disciplina, gli piaceva insegnarla, e si prendeva cura dell’ambiente in cui tutto questo poteva realizzarsi. Durante la pandemia, è stato soprattutto grazie a lui se la scuola di Montecarlo ha potuto riprendere in sicurezza, a lui che il 15 luglio del 2020 era ancora a scuola – da solo – a sistemare i tondi segnaposto sotto i banchi che dovevano rimanere separati.
Uomo buono, è stato detto e letto sui social che in queste ore si sono riempiti di ricordi e di testimonianze. Per anni la sua è stata una presenza dolce, gentile e sorridente. «Sapete mica dov’è Andrea?» era una delle domande più cariche di speranza che si ascoltavano nei corridoi della scuola,Nel giugno del 2021 aveva finalmente ottenuto il trasferimento al Liceo Artistico, la scuola in cui era cresciuto e dove aveva sempre sperato di tornare come insegnante. Quella del trasferimento era una domanda che lui ogni tanto inoltrava ma senza molta convinzione, combattuto come tanti tra rimanere in un luogo che aveva fatto crescere e amava, e la possibilità di realizzare un antico desiderio. Quando seppe di aver ottenuto il passaggio al Liceo non era contento, poi però – come tutti coloro che hanno una visione positiva della vita – si era in breve tempo proiettato nella nuova dimensione, che purtroppo non ha avuto il tempo di apprezzare. E ci dispiace per quei ragazzi cui è stata negata la possibilità di conoscere le sue immense qualità umane e professionali.
A Montecarlo, davanti all’aula di arte, abbiamo ancora due armadi pieni delle sue cose: «quando ce la faccio, vengo a prenderle» ripeteva. Ci sono i disegni, un paio di plastici, i quaderni e gli appunti dell’università, una macchina fotografica. E tanti libri. Come ha notato Iolanda quando qualche settimana fa è salita a Montecarlo, Andrea aveva fatto della scuola la sua casa.
Si è congedato dalla vita col privilegio di averlo fatto nel modo più bello: ha voluto e potuto salutare gli amici, quelli che gli sono stati più vicini. Con un filo di voce ha detto a tutti «vi voglio bene».
Ti abbiamo voluto bene, amico, e ci resta il dono inestimabile del tuo affetto, che mai è venuto meno, neppure nei momenti più difficili, ma ci mancherai.
Andrea Bachini
Lucca, 17 novembre 2022