La notte scorsa si è conclusa la lunga e bella vita di Mario Sabbieti.
Era nato a Firenze il 21 febbraio 1930. È morto a Milano la notte tra il 20 e il 21 dicembre 2022.
È stato un giornalista, uno scrittore, un dirigente editoriale, il fondatore e l’editore della Idealibri.
Per La Casa Usher Mario è stato un amico, un maestro, un autore.
La consapevolezza che molte delle giornate di Mario sono state felici non compensa il dolore per la scomparsa di un grande amico. È però una consolazione pensare a tanti episodi del suo percorso dal 1930 al 2022.
Mario aveva un’identità precisa. La si potrebbe riassumere ricordando che era un fiorentino, un comunista, un editore, un bon vivant.
Ha vissuto e rappresentato questi doni in maniera non banale perché era un uomo di straordinaria vitalità, curioso, insaziabile.
Daremo conto di una parte delle sue vicende, ma, poiché il materiale è molto ricco, dovremo farlo a puntate.
Cominciamo da alcuni aspetti del legame mai sciolto, sempre forte, tra Mario Sabbieti e la sua città, dove purtroppo non tornerà più.
VG
LA LUNGA E BELLA VITA DI UN FIORENTINO
La storia di Mario si intreccia fortemente con le vicende della sua città attraverso i decenni: la Firenze antifascista; la Firenze città d’arte; la Firenze degli scrittori, delle case editrici e dei giornali degli anni Cinquanta e Sessanta; la Firenze dell’alluvione del 1966, sulla quale ha scritto uno dei suoi fortunatissimi romanzi per ragazzi dal titolo La città era un fiume.
Agli inizi degli anni Settanta Mario lascia la Firenze del declino culturale e dell’emigrazione degli intellettuali verso Milano. Ma la Firenze della seconda metà degli anni Settanta lo richiama perché si occupi di rilanciare un’impresa culturale e artistica in difficoltà. Compie il suo lavoro con successo e poi riparte per Milano, definitivamente.
Nella Firenze antifascista
Il 9 settembre 1943 Mario era un adolescente di 13 anni e mezzo. Era il giorno dopo l’armistizio reso noto l’8 settembre. La mattina presto la mamma di Mario raccoglie qualche coperta e una giacca del marito, prende Mario e sua sorella Lucia. Insieme corrono verso la vicina Fortezza da Basso, una caserma piena di soldati italiani. Durante la notte i tedeschi avevano sprangato i portoni, ma non si erano ancora organizzati per controllare del tutto la situazione.
Alcuni soldati italiani annodano le lenzuola e si calano dalle mura. Sono in divisa, riconoscibili, facilmente catturabili. La giacca e le coperte della mamma di Mario servono a questo. È una corsa per attraversare il viale, con il cuore in gola. Un soldato con indosso la giacca del padre di Mario viene portato a casa. I Sabbieti lo nascondono per alcune settimane. Poi, vestito da civile, raggiungerà a piedi il suo paese in Veneto. Alcuni mesi dopo riuscirà a far sapere di essere arrivato a casa.
Nella Firenze città d’arte
I partigiani fiorentini liberarono la città l’11 agosto 1944. Poi Firenze ritornò a essere una città d’arte. Occorreva pulire i capolavori che erano stati nascosti nelle campagne durante l’occupazione nazifascista. Mario partecipò alla pulizia delle formelle della Porta d’oro del Ghiberti, quella della parete est del Battistero di San Giovanni.
Tre decenni dopo Mario si troverà impegnato in un altro recupero di un pezzo del patrimonio artistico di Firenze: il rilancio della Fratelli Alinari, casa ottocentesca, una leggenda della storia della fotografia. Era il 1977, quando, ormai manager affermato dell’industria culturale, per rilanciare gli Alinari Sabbieti inventò una grande mostra delle fotografie Alinari dell’Ottocento e del primo Novecento al Forte Belvedere di Firenze. Fu un successo clamoroso, una vera e propria anticipazione della stagione delle «Grandi Mostre» degli anni Ottanta.
Proprio negli anni Ottanta, sempre a Firenze e nel resto della Toscana ci fu un grande ciclo di mostre dedicato alla cultura e all’arte degli Etruschi. I grandi editori di cataloghi d’arte lottavano con il coltello tra i denti per aggiudicarsi il ghiotto piatto. Chi scrive queste rapide note in ricordo dell’amico aveva una parte in quella competizione, in rappresentanza della potente Electa di Giorgio Fantoni e Massimo Vitta Zelman. La Regione Toscana, produttrice delle mostre, si tutelò affidando a Mario Sabbieti, allora editore in proprio ma fuori dalla mischia dei pretendenti ai cataloghi, di redigere il bando per l’assegnazione di ben sette grossi volumi da vendere in altrettante mostre di forte richiamo.
Il bando di Sabbieti ci rese dura la vita, ma noi dell’Electa vincemmo perché eravamo in grado di sostenere gli impegni e di raggiungere gli obiettivi che Mario aveva correttamente fissato a tutela dell’istituzione pubblica. Ci conoscemmo solo dopo la gara e nacque un’amicizia, o meglio una sua benevola attenzione per un giovane un po’ presuntuoso, allora aspirante editore.
Nella Firenze dei giornali e della politica
Torniamo agli anni Cinquanta. A Firenze c’erano ancora case editrici di cultura prestigiose, in una di queste, la Sansoni, iniziò il percorso di Mario Sabbieti nell’editoria, ma di questo parleremo a suo tempo nel ricordo di Mario editore.
È di quegli anni l’incontro di Mario con il grande scrittore Romano Bilenchi, direttore de «Il Nuovo Corriere». È una stagione breve ma memorabile per la qualità culturale di quel quotidiano. Mario Sabbieti, in quel momento, è ancora uno studente-lavoratore. La partecipazione al giornale di Bilenchi per lui è una grande palestra di formazione.
La guida di Bilenchi è entusiasmante. Sono entrambi comunisti. Coniugano l’adesione ai valori del socialismo con una forte autonomia di giudizio. Nel 1956 «Il Nuovo Corriere» condanna l’intervento sovietico in Ungheria. In quel contesto anche un grande dirigente del movimento operaio come Palmiro Togliatti non può che tagliare i finanziamenti al giornale, che chiude.
Sabbieti rimane comunista. In seguito sarà tra i fondatori del gruppo del Manifesto e organizzerà le prime affollate assemblee pubbliche degli eretici al Palazzo dei Congressi di Firenze. I suoi compagni del Manifesto avrebbero voluto affidare a Sabbieti il ruolo di editore di una nascente casa editrice fortemente politicizzata, ma Mario aveva in testa un altro progetto editoriale.